Audizione ANDIS alla VII Commissione della Camera dei Deputati

Onorevole Presidente, Onorevoli Commissari,

da anni l’ANDIS sostiene di investire di più sull’insegnamento, al fine di renderlo maggiormente personalizzato, motivante e socialmente riconosciuto. A parere dell’ANDIS occorre ragionare su una figura di docente che sappia essere educatore attento ai modi di essere e di apprendere dei bambini e dei ragazzi del nostro tempo, ma che sia anche capace di trasformare l’insegnamento in una grande e continua attività laboratoriale, metodologicamente e didatticamente fondata, di cui sappia essere non solo regista e facilitatore in termini di processi cognitivi, ma anche promotore di quell’ incontro con l’altro che è fondamentale accogliere e riconoscere.
Conseguentemente l’Associazione si trova in sintonia con le affermazioni dell’art. 3 della proposta di legge C. 1830 oggi in esame, che rimarca che, insieme con i dirigenti scolastici (sempre in prima linea), i docenti e il personale scolastico danneggiati durante il loro esercizio pubblico, vada risarcito anche l’Istituto di appartenenza, segnale, non certo unico, per ridare dignità ed autorevolezza alla scuola.
Con riguardo all’art. 2, finalmente dopo anni di attesa, si sta concretizzando la realizzazione della scuola secondaria di primo grado Montessori, che permette la verticalizzazione del metodo. In particolare, dal comma 2 al 6, si riconosce il grande lavoro che le scuole della rete nazionale stanno portando avanti con determinazione ed entusiasmo nell’ambito di una sperimentazione strutturata ex art. 11 del DPR 275/99.
Il passaggio a ordinamento della scuola secondaria di primo grado Montessori permette:
– la messa a sistema di una metodologia attiva riconosciuta a livello internazionale;
– la strutturazione di un primo ciclo di istruzione con ordinamenti coerenti tra i due ordini di scuola, che al momento vedono l’ordinamento della scuola primaria differente rispetto a quello della scuola secondaria di primo grado;
– la promozione del successo formativo, il contrasto della dispersione scolastica e la prevenzione del rischio di devianza giovanile;
– l’attenzione alle necessità specifiche di ciascuno attraverso una profonda revisione dell’organizzazione scolastica e delle applicazioni didattiche e metodologiche;
– l’innovazione e l’inclusione;
– una riflessione sull’aggiornamento dell’offerta pedagogica e didattica della scuola secondaria di primo grado, da sempre e da più parti auspicata;
– la realizzazione della continuità educativo/didattica tra i due ordini di scuola;
– la verticalizzazione del curricolo con le esistenti classi di scuola primaria di metodo didattico differenziato, nell’ambito dell’Istituto Comprensivo, con il proseguimento della metodologia nel corso della scuola secondaria di primo grado.
Il percorso montessoriano in Italia, a differenza che negli altri Paesi Europei ed extraeuropei, è riconosciuto solo per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria. I risultati della sperimentazione in merito agli apprendimenti degli studenti e all’innalzamento della qualità del servizio da parte delle Istituzioni Scolastiche coinvolte, l’aumento di progettualità attive che il nuovo approccio metodologico ha sicuramente determinato, creando opportunità di contagio e un circolo virtuoso di idee e prassi a tutto vantaggio degli studenti, dimostrano l’importanza della “riconduzione a ordinamento” della scuola secondaria di primo grado a indirizzo Montessori.
In merito all’art.1, come rilevato nel documento del Consiglio nazionale dell’ANDIS appena conclusosi, il provvedimento in discussione “reintroduce nella scuola primaria i giudizi sintetici per la valutazione periodica e finale delle discipline, modificando quanto previsto dall’O.M. 172 del 2020, che ha concretizzato la visione di valutazione formativa nel documento di valutazione, attraverso un giudizio descrittivo nella prospettiva della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti. Una modifica di tale impianto rischia di vanificare il grande lavoro che le scuole hanno fatto in questi anni per accompagnare migliaia di docenti verso un impianto valutativo chiaro, trasparente e collegato agli obiettivi”.
ANDIS intende continuare a supportare i dirigenti scolastici in modo da evitare che la valutazione in itinere, periodica e finale sia schiacciata verso aspetti sommativi, per rispettare quanto previsto dall’art. 1 del D. Lgs. 62/2017, in cui si afferma che la valutazione “ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze”. “Se si crede di dover compiere lo sforzo per far giungere tutti gli studenti a determinati obiettivi, allora la valutazione diventa uno strumento indispensabile all’insegnante (o al gruppo di insegnanti) per osservare il punto a cui ogni alunno è arrivato, ma anche per evidenziare eventuali lacune specifiche, per le quali occorrerà procedere alla predisposizione di adeguate azioni di potenziamento”. Il giudizio sintetico, riconosciuto da una parte dell’opinione pubblica come uno strumento chiaro ed efficace, anche se nel testo si afferma che sarà correlato alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti, rischia di riportare a sintesi un insieme di valutazioni basate su prove e atti spesso disomogenei tra loro.
“L’ ANDIS ritiene, inoltre, necessario un profondo ripensamento dell’approccio metodologico e valutativo della scuola secondaria di primo e di secondo grado, dove risultano essere evidenti i dati di insuccesso e di dispersione esplicita e implicita. È urgente una riflessione su questi gradi di scuola, anche per non disperdere quanto si sta realizzando in merito al mentorship e al tutorship, previsti dai progetti PNRR, che portano gli studenti ad essere consapevoli delle loro capacità e delle loro difficoltà. Ciò va invece a scontrarsi con una valutazione che misura solo alcuni aspetti, non considerando che oggi l’obiettivo prioritario della scuola è rendere i nostri ragazzi capaci di affrontare le sfide di una società sempre più complessa. Questo obiettivo si può raggiungere solo affidando ai nostri studenti il ruolo di protagonisti nella costruzione degli apprendimenti, che si ottiene anche attraverso il loro coinvolgimento nell’azione valutativa e nell’autovalutazione”. (1)
L’ANDIS esprime, inoltre forti perplessità in merito al ritorno al voto numerico per la valutazione del comportamento nella scuola secondaria di 1° e all’inasprimento delle condizioni per la promozione o per l’ammissione all’esame di Stato in entrambi gli ordini della secondaria. In primis, si ampliano le differenze con la scuola primaria, dove è confermato un giudizio sintetico (art. 2 c.5 del D. Lgs. 62/2017), e si vanifica la sempre auspicata continuità nella scuola di base che è scuola di prossimità, attenta al curricolo verticale, che riscopre i saperi essenziali attraverso una relazione positiva ed un ambiente stimolante la curiosità e la voglia di ricerca, il cui centro progettuale è l’allievo, accompagnato lungo lo sviluppo dall’infanzia all’adolescenza.
“Lo spirito della norma non sembra puntare al controllo del comportamento come strumento per valorizzare la formazione del senso di responsabilità nell’alunno, quanto piuttosto sulla coercizione all’osservanza di regole esterne, come forma di deterrente contro gli episodi di prepotenza.
Se la cronaca ha portato e porta alla nostra attenzione episodi di violenza, di distruttività e di autodistruttività di cui sono protagonisti ragazzi spesso minorenni, tanto da toccare da vicino la scuola e suscitare questi provvedimenti normativi, certo questo non può essere inteso se non come una punta del più diffuso e multiforme disagio giovanile di cui la scuola inevitabilmente non può che farsi carico, non consentendole di “chiamarsi fuori”, anzi, ponendola di fronte ad enormi responsabilità, oggi più che mai. I docenti si trovano a sostenere anche le fatiche “esistenziali” dei loro alunni e si tratta di una fatica “fuori contratto”, non riconosciuta e non sufficientemente valorizzata. Tutta l’organizzazione scolastica, con alla testa il suo dirigente, assume tra i suoi compiti quello dell’alfabetizzazione valoriale accanto a quella delle discipline di studio, consapevole che le famiglie di oggi sono spesso profondamente sofferenti o confuse dal punto di vista del loro ruolo educativo sulle giovani generazioni.
Sarebbe allora opportuno trovare altri strumenti, come ad esempio il potenziamento degli interventi degli psicologi a scuola, e soprattutto un rafforzamento del Patto di corresponsabilità.
Lo Statuto delle studentesse e degli studenti ha introdotto questo strumento finalizzato a promuovere la partecipazione all’attività educativa da parte delle famiglie e degli studenti.
Il Patto nasce come opportunità per docenti, ragazzi e genitori per realizzare un confronto responsabile e paritario, nel quale a ciascuno è richiesto di portare il proprio contributo, nella reciprocità dei diritti e dei doveri. Sottintende la considerazione della scuola quale comunità di apprendimento, dove tutti devono fare la loro parte in sinergia di intenti.
La predisposizione del Patto non si attiene a modelli prestabiliti, ma lo spirito sotteso al documento indica la necessità che venga steso congiuntamente dalla scuola e dalla famiglia, con la partecipazione degli studenti nel caso della secondaria.
Nel nostro attuale momento storico e sociale, definito da più parti di “emergenza educativa” il compito della scuola di fronte a studenti sempre più demotivati, poco abituati alla fatica, difficili da interessare e da coinvolgere, ipernutriti dai modelli del mercato, appare tanto improbo quanto irrinunciabile.
Si tratta di un compito condiviso con le famiglie, che dovrebbero essere gli alleati più solidi e fidati nel perseguire la formazione ai valori dei bambini e ragazzi. Capita invece che spesso i genitori, in caso di comportamenti inadeguati dei propri figli, si alleino con i medesimi piuttosto che con l’autorità.
Il ddl in esame non aumenterà la consapevolezza dello sbaglio, ma aprirà le porte ad un contenzioso infinito con le famiglie, mettendo i docenti ancora più in difficoltà invece di sostenerli”. (2)
Per rendere operative le novità proposte e per “ripristinare la cultura del rispetto” in ambito scolastico, si legge poi nell’articolato (art 1, c. 5 a) 2)) che entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge in questione il ministero dovrà emanare uno o più regolamenti che andranno, tra le altre cose, a modificare le norme attuali relative alle sospensioni dalle lezioni per periodi superiori a due giorni. In questi casi gli studenti che violeranno i regolamenti scolastici sconteranno la sanzione disciplinare prestando “attività di cittadinanza solidale presso strutture convenzionate con le istituzioni scolastiche”. Chiediamo venga lasciata alle scuole la scelta degli enti con cui convenzionarsi, nel rispetto del dettato normativo, ma anche della loro piena autonomia come sancito dal DPR 275/99.
Grazie.
Il Presidente nazionale Paola Bortoletto

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