Governare il cambiamento

di Domenico Ciccone

“The only person who likes change is a baby with a wet diaper.”
“L’unica persona che vuole il cambiamento è il bambino con il pannolino bagnato”
– Mark Twain

Il tempo del cambiamento.

Non sarà facile, per gli storiografi, parlare di questo nostro periodo storico senza incorrere in numerose contraddizioni e dover spiegare i loro effetti agli interlocutori. Effetto della complessità, categoria senza certezze, luogo della sconfitta definitiva dell’umanità contro l’imprevedibilità della vita.
Nella scuola gli esiti di questa situazione sono noti a ognuna delle persone che in qualche maniera si avvicinano alle problematiche educative e coinvolgono dinamiche altrettanto complesse che vanno a scardinare vecchi paradigmi, collaudati e condivisi, pur non riuscendo a strutturarne di nuovi altrettanto comuni e testati.
A pensarci bene, E. Morin, filosofo e teorico della complessità, somiglia spudoratamente a Eraclito, non tanto nelle premesse, di sicuro nelle conclusioni.
Naviga il presente, attento alle tempeste, fermati sugli arcipelaghi metaforici, cioè sulle poche certezze che hai, per riposare e rassicurarti. E soprattutto, non anestetizzare l’imprevedibile. Ti servirà solo per qualche minuto fino al prossimo evento che nessuno aveva potuto prevedere.
Gli studenti dell’antica Grecia, pur abituati al mantra del “panta rei”, peraltro aristocratici e benestanti, non se ne facevano un cruccio. Oggi nelle nostre scuole sembriamo tutti sopraffatti da questa aura di incertezza, alla quale i giovani stessi, sebbene figli del loro tempo, non riescono ad abituarsi facilmente.

Anche il cambiamento vuole il suo leader

Il dirigente scolastico che deve farsi carico del cambiamento, in realtà arriva sempre ultimo. È il naturale convettore delle istanze, dei bisogni, delle domande impossibili. Sembra che le scuole siano in un continuo stato di transizione. In un ambiente scolastico senza precedenti come quello di oggi, la trasformazione si sta verificando a una velocità straordinaria. E nei momenti di grandi cambiamenti il leader è continuamente sollecitato per cercare rassicurazione e indicazioni. Guardare il leader, studiarlo per cercare di comprendere attraverso il suo comportamento, quali sono le strategie che sta mettendo in atto per superare, arginare oppure sfruttare un momento di crisi, questo o quello, non importa.

Di certo un dirigente scolastico non può stare fermo davanti al mondo che si trasforma oppure limitarsi alla convinta adesione al coro dei lamentosi. Di fatto, come dimostrato da una recente indagine di McKinsey e C., con il crescere del numero di azioni che un leader mette in atto, di fronte ad una rivoluzione che coivolge il suo contesto, cresce anche la possibilità che il tasso di successo aumenti. Stare spento, aspettare che qualcun altro avvii un processo per poi capire in che direzione andare, rappresenta una strategia non vincente. Si cambia rotta? E allora tutti a fare la propria parte con il comandante in testa, altrimenti la nave finisce in pericolosa bonaccia o ingestibile tempesta.

Metodi tradizionali di leadership in piena crisi.

Nella “vecchia scuola” della dirigenza scolastica che ebbi modo di conoscere qualche lustro fa, girava un motto consolidato e condiviso “ Quieta non movere et mota quietare”, più volte lanciato come un monito contro noi , allora trentenni, che accedemmo alla funzione di Capo di istituto nell’ultimo scorcio del vecchio millennio.
Il monito era in crisi anche allora, la sua inadeguatezza era lampante, di fronte ad una scuola in piena stagione dei riforme (si pensi alla Legge 148/90) verso la quale si lanciavano continui strali e si attivavano barricate mentali insormontabili.
Infatti in molti si opponevano alle riforme adducendo che i modelli, ormai secolari, come il maestro unico, rappresentavano una garanzia di consolidata esperienza e con risultati tutto sommato accettabili, se non talvolta eccellenti.
Una leadership che non cambia nulla è, però, destinata a soccombere e, qualora questa tendenza a resistere al cambiamento o adottare un comportamento gattopardesco, dovesse riscuotere successo nella comunità educante, convinta nel seguire il leader nella propria staticità, possiamo dire, con certezza, di trovarci di fronte ad una intera scuola in piena decadenza.

Come si può favorire il cambiamento secondo la Harward Business School.

La leadership del cambiamento è diversa dalla gestione del cambiamento, che in genere è di natura reattiva

Gestire il cambiamento per ottenere un successo a breve termine non porta a ulteriori risultati, mentre la leadership del cambiamento si basa su un approccio a lungo termine decisamente più rivoluzionario.

Sfidare lo status quo ed essere in grado di influenzare altre persone e ispirarle ad agire, trasformare completamente l’organizzazione, vincere le resistenze, mobilitare tutte le risorse disponibili, a volte non è sufficiente. Secondo uno studio condotto dalla Harward Business school possono essere identificati tre ruoli ben distinti e definiti da adottare nel percorso di leadership per il cambiamento: agitatore, innovatore, orchestratore!

E tu per quale Leadership del cambiamento sei fatto?

Agitatore: questo ruolo agita le acque aumentando la consapevolezza delle rimostranze di singoli individui o gruppi di persone. L’agitatore critica lo status quo, convincendo gli altri che il cambiamento è necessario.
I leader che atteggiano come agitatori si impegnano a capire le sfide organizzative e a risolverle. Una volta identificata una sfida occorre mobilitare diversi attori per trovare le soluzioni più consone all’impegno necessario. La comunicazione è un fattore chiave in questo ruolo, poiché l’agitatore dedica molto tempo ad ascoltare e imparare dalle parti interessate.
L’agitatore tende ad approfondire i problemi da prospettive precedentemente sconosciute. Concentrandosi chiaramente sulla misura in cui le persone si sentono agitate o frustrate dalle lamentele, l’agitatore le coinvolge nello scopo che si propone e ne sfrutta la tensione all’innovazione.
Essere un agitatore in un’organizzazione può tuttavia causare problemi imprevedibili. Dover fronteggiare molteplici reclami e lamentele può portare a iniziative frammentate ed a continue pause nei progressi.

Innovatore: mentre l’agitatore sfrutta le insoddisfazioni, l’innovatore sviluppa soluzioni pratiche per risolverle, adottando in questo scenario il ruolo di pianificatore.

Se l’agitatore è un ascoltatore, l’innovatore è un creatore. Le preoccupazioni di tutti i membri del team con il tempo vengono adeguatamente comunicate; in questa fase, l’innovatore è responsabile di portare a compimento il cambiamento. Gli innovatori studiano i problemi e valutano le soluzioni attraverso una lente strategica di problem-solving.

Pertanto, la leadership deve anticipare gli ostacoli ed essere pronta a delineare molteplici scenari. È importante che gli innovatori si chiedano se le soluzioni portano ai risultati prefigurati. L’innovatore pur essendo essenziale per il successo del cambiamento organizzativo, a volte non valuta le implicazioni negative delle loro soluzioni. Agire per obiettivi ristretti e risolvere problemi in maniera realistica può portare a una leadership del cambiamento di maggior successo.

Orchestratore: si accerta che il piano dell’innovatore venga attuato in scala, all’interno di gruppi, organizzazioni e persino settori. Questo rappresenta spesso l’impegno più visibile di una leadership del cambiamento efficace.

Nel mentre l’innovatore costruisce un piano verso il cambiamento, l’orchestratore si occupa della diffusione e dell’adozione delle azioni necessarie. La valutazione dei progressi esige una comprensione approfondita delle tempistiche, delle tappe fondamentali, della proprietà delle attività e delle battute d’arresto.
Gli orchestratori mantengono il ruolo di leadership del cambiamento nel raggiungimento di trasformazioni su larga scala e risultati misurabili. Infatti essi sono leader pratici che guidano ogni scenario immaginabile, compresi i successi a breve termine e le interruzioni impreviste. In un contesto di cambiamento, uno stile di leadership agile svolge al meglio questo ruolo perché la maggior parte delle iniziative non procede esattamente come previsto.
L’orchestratore incontra difficoltà con le iniziative di variazione quando, concentrandosi sul motivo per cui l’organizzazione sta cambiando il suo modello, ne dimentica la vision. Solo tenendo ben fissa quest’ultima si può garantire che un orchestratore rimanga sulla buona strada.
Rimane l’esigenza per l’orchestratore di essere capace di una non comune capacità organizzativa scrivendo, per ognuna delle persone chiave, uno “spartito adhocratico” che contribuisca all’orchestrazione del modello di cambiamento.

Metti l’Intelligenza Artificiale nell’agenda del leader.

Un sistema di intelligenza artificiale è un sistema basato su una macchina che può , per un dato insieme di obiettivi espliciti o impliciti definiti dall’uomo , dedurre, dall’input che riceve, come generare output come previsioni , contenuti , raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici , reali o virtuali.
Diversi sistemi di intelligenza artificiale sono progettati per funzionare con livelli diversi di autonomia e adattività dopo l’implementazione.

La definizione di intelligenza artificiale sopra riportata è in continua evoluzione e revisione delineando l’ennesimo scenario complesso, senza certezze e con pochi riferimenti sicuri. Per questo motivo, i leader del cambiamento devono svolgere in maniera alternata i tre i ruoli sopra riportati. In fin dei conti, l’agitazione senza innovazione è un semplice elenco di rimostranze senza scopo e l’innovazione senza orchestrazione è un insieme di idee potenzialmente valide, ma che non hanno alcun impatto.

Tornando alla IA dobbiamo necessariamente fare alcune riflessioni: la prima è che siamo nel mezzo di una ennesima (la quinta) rivoluzione digitale. Le prime quattro sono state in moltissimi casi , assai più impattanti di quella in atto dal punto di vista del cambiamento delle nostre abitudini. Esse possono essere così sintetizzate:
1- avvento e proliferazione dei personal computer;
2- espansione di Internet e della ricerca;
3- ascesa e influenza dei social media;
4- crescente ubiquità dell’informatica e della connettività mobile

La quinta fase non ha dato segni di graduale intensificazione. Infatti, negli ultimi mesi, ci siamo risvegliati da un letargo pandemico globale e siamo entrati bruscamente in un’altra rivoluzione digitale, che potrebbe far sembrare le altre minori al confronto. Si tratta della rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Mentre la tecnologia dell’IA continua a permeare il nostro mondo, dobbiamo preservare e salvaguardare la diversità dei nostri sistemi di conoscenza e sviluppare le sue potenzialità in modo da proteggere ed espandere il nostro ricco patrimonio di conoscenze. Se possibile, occorre allineare l’intelligenza delle macchine ai valori umani evitando che lo strumento superi la sua effettiva utilità.
Il vulnus più oneroso da gestire è che il modello dell’AI non è arrivato gradualmente nelle nostre vite ma è giunto in maniera irruenta, improvvisa e invasiva. Non richiede apparentemente alcuna specializzazione, può essere utilizzato abbastanza liberamente, con costi nulli o limitati, e rimanda ad un nuovo e preoccupante paradigma che si sta costruendo in maniera incontrollata.
Con buona probabilità ogni leader si sta ponendo le stesse domande che altri gli pongono senza trovare, al momento, risposta:
Quale sarà il ruolo degli insegnanti e della scuola con questa tecnologia in grande diffusione?
Che aspetto avrà la valutazione, ora che le utility dell’IA sono in grado di ottenere ottimi risultati in esami e selezioni per accesso a professioni?

Domande sul “mondo conosciuto” che di solito consideriamo come punto di partenza per l’istruzione. Molti dei nostri vecchi presupposti e norme non sembrano in grado di sostenere il “peso” di questa nuova tecnologia.
Una complessa situazione da gestire nella quale i leader capaci di governare il cambiamento faranno la differenza e, non potendo affidarsi alla personale e consolidata modalità di conduzione delle proprie comunità, dovranno optare per modelli forse discutibili ma efficaci, e tanto basta!


(1) Leadership del cambiamento: definizione, suggerimenti e strategie – Meta workspace –

(2) Per approfondire il concetto di adhocrazia vedi https://www.treccani.it/enciclopedia/adhocrazia_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/

(3) Vedi anche “OCSE Framework for the Classification of AI Systems”, sistema che aiuta a valutare le opportunità e le sfide politiche dell’intelligenza artificiale, con un’analisi su come cambia il modo in cui le persone imparano, lavorano, giocano, interagiscono e vivono a contatto con questa tecnologia

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