di Stefano Stefanel
Una delle prime cosa che si insegnano a tutti i docenti che vogliono diventare dirigenti scolastici è che ogni provvedimento della Pubblica Amministrazione deve rispondere a canoni di efficienza, efficacia ed economicità. Se almeno una di queste tre caratteristiche non è soddisfatta allora è meglio lasciar perdere. Di recente, improvvisamente e a sorpresa, il MIM ha emanato una divisione degli Istituti scolastici in fasce al fine della retribuzione dei dirigenti scolastici. La retribuzione dei dirigenti scolastici prevede una parte fissa uguale per tutti, eventuali assegni ad personam legati a situazioni del passato transitati nella dirigenza (che residua per non tantissimi casi) e due retribuzioni variabili: una “di posizione” (la complessità della scuola che si dirige) e una “di risultato” (a seguito della valutazione obbligatoria del dirigente scolastico). Poiché anche i dirigenti scolastici non vogliono farsi valutare a fini stipendiali (come del resto in Italia praticamente tutti ad eccezione degli studenti) e in questo vengono spalleggiati sia dai sindacati generalisti (per intenderci CGIL, CISL, UIL, Snals, ecc.) sia da quelli di categoria (citerei solo ANP) dalla nascita della dirigenza scolastica (1999) nessuno è stato valutato a fini stipendiali. Praticamente tutti i dirigenti e tutti i sindacati si dicono, a voce alta, favorevoli alla valutazione dei dirigenti (che è prevista per legge), ma poi nei fatti sostengono anche che deve essere “seria” dicendo al contempo che quelle proposte dal Ministero negli anni passati “serie” non lo sono state, determinando di fatto un’assenza di valutazione e che, quindi, agganciando la retribuzione di risultato a quella di posizione. Nel passato ci sono state varie tornare di valutazione dei dirigenti, ma nessuna ha avuto ricaduta stipendiale. D’altronde se il valutato può decidere cosa è serio e cosa non lo è nell’ambito della sua valutazione non esiste nessuno così geniale da escogitare qualcosa che venga accettato senza proteste da tutti (tipo il cappone che organizza il cenone di Natale). In questa situazione, dunque, la retribuzione di posizione/risultato incide sullo stipendio del dirigente e sulla sua situazione pensionistica. Quindi le fasce di livello delle scuole hanno solo un’incidenza sulla categoria dirigenziale e sulle sue retribuzioni. Perciò le fasce di livello interessano solo i dirigenti scolastici e non la scuola e la sua organizzazione. Per circa quindici anni sono rimaste in vigore le vecchie quattro fasce e nessuno parlava dell’argomento, contestava, problematizzava. Dunque di fatto tutti accettavano la situazione così come si era cristallizzata.
Improvvisamente il MIM ha deciso di diminuire i dirigenti (generando degli accorpamenti con modalità bizzarre e ragionieristiche e senza tenere conto di situazioni locali specifiche) e di rivedere le fasce diminuendole da quattro a tre. Il primo provvedimento ha evidenti motivi di economicità (molti meno, direi nessuno, sui versanti dell’efficienza e dell’efficacia), mentre il secondo ha solo creato polemiche perché non rispetta nessuno dei tre requisiti. Infatti la divisione delle fasce ha mandato, attraverso parametri pensati in modo arcaico e confuso, tutti i Licei non inseriti in un Istituto complesso (gli ISIS) nella fascia più bassa, cioè in quella in cui si prendono meno soldi. Il messaggio mandato dal MIM è semplice: i Licei danno prestigio, ma sono facili da dirigere, quindi chi vuole più soldi deve andare a dirigere un Istituto comprensivo. Il messaggio però declassa i Licei che sono, nel bene e spesso nel male, la cartina di tornasole dal sistema scolastico italiano. Il contorto e inefficiente sistema italiano di orientamento (su questo sono intervenute le Linee guida sull’orientamento che finora non hanno molto inciso sul problema, anche perché coniugate con meccanismi attuativi “bizantini” che hanno finanziato l’orientamento verso l’Università, quindi dei trienni delle Scuole superiori, e per niente quello delle Scuole secondarie di primo grado che invitano i bravi a fare i Licei e i meno bravi a fare i Tecnici o i Professionali) produce da anni una concentrazione degli studenti migliori nei Licei e quindi l’efficacia generale dell’Italia in termini di società della conoscenza è ancora delegata soprattutto ai Licei. Questa è una verità che tutti conoscono, che produce discorsi mediatici prossimi ad un vero e proprio delirio sulla scuola, perché hanno solo i Licei come centro del discorso. Tutta la comunicazione sulla scuola è influenzata dai Licei, visto che gli intellettuali di spicco e che hanno accesso ai grandi canali di comunicazione hanno tutti fatto da giovani il Liceo e, quando parlano della scuola, si riferiscono solo al Liceo in cui hanno studiato (Cacciari, Panebianco, Galli della Loggia, Crepet, Galimberti e via declinando) o in cui hanno insegnato (Mastrocola, Ardone e via enumerando).
Quello che mi permetto di chiedere è: perché si fatta questa operazione di declassamento? A cosa serve umiliare e declassare il punto alto del sistema scolastico italiano, quello che accoglie gli studenti migliori? Che messaggio viene dato alla categoria dirigenziale? Che idea c’è di scuola? E – soprattutto – se “chiunque” può dirigere un Liceo, considerato scuola semplice, vuol dire che la professione non deve occuparsi delle sue eccellenze. Perché il problema sta anche qui: cosa si vuole dal dirigente scolastico oggi? Che si occupi degli alunni o dello SPID? Che abbia a cuore il miglioramento degli apprendimenti o corra dietro alle multe che INPS e INAlL danno a destra e a manca per mancanze tutte loro, ma che nessuno gli contesta? Che analizzi i percorsi didattici, formativi e di orientamento o consulti graduatorie? Che organizzi percorsi personalizzati per tutti gli studenti in difficoltà o dedichi le sue giornate a compilare piattaforme e graduatorie? Che usi i soldi del PNRR per migliorare il sistema scolastico o per comprare “macchinette” colorate per far salire la spesa del PNRR? Che si occupi di disabilità, inclusione dispersione o della ricostruzione delle carriere e degli acquisti sotto soglia? Quando un provvedimento non è efficiente (i Licei nella fascia più bassa sono il massimo dell’inefficienza organizzativa perché si mettono sullo stesso piano Liceo di 500 studenti e Licei di 1500 studenti), non è efficace (perché si comunica che i Licei sono tutti facili da gestire e gli Istituti comprensivi tutti difficili, il che non è un errore ma proprio una stupidaggine), non è economico ( i soldi sono sempre quelli, qui si parla solo di retribuzione dei dirigenti dentro uno schema contabile rigido) l’unico motivo per cui viene emanato è che è punitivo. Niente di nuovo sotto il sole: il sistema scolastico italiano pare deciso ad andare nel baratro degli adempimenti e dei bassi risultati. Con i Licei retrocessi in serie C, ma solo perché la D non è stata attivata.